La previsione, fatta sulla base dei dati disponibili oggi e suscettibile di variazioni «ma più al peggio che al meglio», come ha spiegato l’ad dell’istituto bolognese di ricerca, parte dalla considerazione che si compreranno molte meno case: di qui al 2022 la diminuzione dei rogiti andrà da un minimo di 278 mila a 587 mila unità.
Quotazioni in calo più modesto
Nella sua stima Nomisma ipotizza un calo solo modesto (dal 3 al 10% cumulati nel triennio) delle quotazioni: uno scenario che presuppone una resistenza sui prezzi richiesti da parte dei venditori. Resistenza che però, se dobbiamo basarci su quanto già avvenuto dopo il crollo del 2012, con il passare dei mesi potrebbe anche sfaldarsi.
Le ragioni del calo delle vendite
Tre le ragioni che fanno pensare a una calo così marcato delle vendite.
– La prima è che molte persone avranno meno soldi a disposizione, con tassi di disoccupazione in crescita sempre nel triennio tra i due e i quattro punti.
– La seconda è che, nonostante i tassi più favorevoli che mai, i mutui diventeranno molto più difficili da ottenere, perché le banche stanno ancora liberandosi del fardello delle sofferenze accumulatosi dopo la crisi del 2012 e certo non vorranno riempirsi di garanzie ipotecarie giudicate a rischio.
– La terza è la presumibile diminuzione della domanda da investimento, che nelle grandi città lo scorso anno era stato il driver di sviluppo del mercato. Acquisti fatti soprattutto con lo scopo di mettere la casa sul mercato degli affitti brevi e che già prima dello scoppio del coronavirus stavano creando qualche ripensamento nei risparmiatori quando verificavano come i rendimenti netti fossero abbastanza lontani, nel senso di più bassi, rispetto a quelli attesi.
L’effetto a cascata sulla filiera
Il calo del fatturato si rifletterà inesorabilmente su tutta la filiera del mattone, a partire dai professionisti (agenzie, geometri, notai, avrà pesanti ripercussioni sul settore edile e, a cascata, su quella dei produttori di materiali, oltre a portare a un buco nelle finanze pubbliche per i mancati incassi da imposte di trasferimento. Nomisma ha presentato anche una stima sull’impatto che la crisi avrà sugli investimenti istituzionali: si tratta delle transazioni riguardanti immobili o portafogli immobiliari del valore superiore ai 5 milioni transati perlopiù da fondi immobiliari o fondi pensione. Nel 2019 questo mercato aveva toccato in Italia un valore record di 12 miliardi di euro, il 40% dei quali a Milano e con oltre tre quarti delle operazioni condotte da player stranieri. Rispetto alle previsioni di inizio 2020 la perdita di valore nel triennio si aggirerà tra i 9 e i 18 miliardi.
Fonte: Corriere.it